Capitolo 1:
L'agente Luciano Rizzi tornava nei corridoi gelidi del Sito Minerva. Il termostato era di nuovo guasto, ma come sempre in un lampo sarebbe stato riparato. L'eco dei suoi passi riecheggiava. Aveva appena concluso una missione di recupero, un'entità polimorfa che si celava in una biblioteca abbandonata nella periferia di Trento. L'intervento era stato tecnicamente impeccabile, e l'entità era stata contenuta con successo.
Tuttavia, appena varcata la soglia dell’area operativa, trovò ad attenderlo una figura familiare, il Tenente Mario Finasoni. Era impossibile non notare la sua espressione severa. Finasoni, noto per il rigore con cui applicava ogni regolamento operativo, aveva il volto segnato da un'espressione di insoddisfazione.
"Rizzi," iniziò il Tenente, con una tonalità che sembrava oscillare tra il rimprovero e il disappunto. "Mi spieghi cosa hai combinato alla biblioteca?"
Luciano sospirò, sapendo che qualsiasi risposta non avrebbe evitato il rimprovero. "Tenente, l'anomalia è stata contenuta. Missione completata senza danni collaterali rilevanti, i civili non sono stati coinvolti, e le informazioni riservate sono protette."
Finasoni sollevò il tablet che teneva in mano e cominciò a leggere ad alta voce dal rapporto preliminare. Concluse dicendo: "Hai usato una procedura di contenimento non autorizzata per fermare il soggetto. Avresti dovuto attenerti al piano e attendere i rinforzi. La tua azione è stata… disinvolta, per usare un eufemismo."
Luciano, stanco ma ancora pieno di adrenalina, rispose: "Tenente, non avevo il tempo di aspettare. La situazione stava sfuggendo di mano. Sapevo cosa stavo facendo."
Finasoni incrociò le braccia. "Ah sì? Sapevi cosa stavi facendo…" ripeté, fissandolo con un misto di frustrazione e preoccupazione. "Rizzi, le procedure esistono per un motivo. Un passo falso, e avremmo avuto una catastrofe. Ricordati che, anche se riesci a portare a termine la missione, un margine di errore così ampio è inaccettabile."
Luciano abbassò lo sguardo per un momento, poi rialzò la testa, fissando il Tenente con un’espressione ferma. Finasoni aveva ragione, ma lui non aveva avuto il tempo di calcolare i rischi: l'unica cosa che contava era contenere l'entità prima che potesse fare altri danni. "Ricevuto, Tenente. La prossima volta mi atterrò al protocollo in modo più scrupoloso."
Finasoni scosse la testa. "Non mi basta, Rizzi. Devi imparare a valutare le implicazioni sul campo. Questo approccio ti costerà caro, prima o poi."
Luciano annuì. "Capito, Tenente. Ci lavorerò su."
Dopo la discussione, Luciano si diresse verso la sala ricreativa. Aveva bisogno di distrarsi, se non altro per evitare di riflettere troppo sulle parole del Tenente Finasoni. La sala era scarsamente illuminata, con una fila di distributori automatici e un paio di tavoli dove altri membri del personale si rilassavano durante la pausa.
Prese una lattina di caffè freddo dal distributore e si sedette a un tavolo, osservando distrattamente gli altri agenti che parlavano a bassa voce. Dopo pochi minuti, vide arrivare di nuovo Finasoni.
"Rizzi, mi servono due parole in privato," disse il Tenente, sedendosi di fronte a lui senza aspettare risposta. "Il direttore Rossi mi ha appena chiesto un rapporto più dettagliato sull’intervento di oggi."
Luciano alzò lo sguardo, perplesso. "Di solito non interviene a questo livello per operazioni di contenimento standard."
"Esattamente," rispose il Tenente, "ma sembra che non sia l'unico caso nelle ultime settimane. Il direttore vuole che teniamo sotto controllo la situazione."
Luciano sentiva una tensione crescente. Questi casi non erano comuni, anzi, era la prima volta che affrontò una creatura simile. In quanto membro della SSM-V, i suoi casi di norma erano più subdoli. Cose così sono una tantum, non abitudini, significava che qualcuno stava deliberatamente interferendo con il lavoro della Fondazione.
"Meglio prepararci a nuove missioni di questo tipo," disse Finasoni, con una nota di apprensione. "E la prossima volta, ti prego di seguire le procedure alla lettera. Sei capace, Rizzi, ma la tua impulsività può essere un rischio."
Prima che Luciano potesse rispondere, una luce rossa cominciò a lampeggiare lungo il soffitto della sala ricreativa, seguita da un breve segnale acustico. Entrambi si guardarono intorno, perplessi.
"Che sta succedendo?" domandò Luciano, mentre il segnale si faceva più intenso.
Il Tenente guardò il suo smart-watch e controllò le notifiche. "Non ci sono segnalazioni… Forse è un test d'emergenza?"
Un secondo più tardi, la sala ricreativa si fece buia. Una strana sensazione di formicolio avvolse Luciano e Finasoni, come se stessero cadendo dal cielo. Entrambi si guardarono per un breve istante, e poi, in un lampo di luce, la realtà intorno a loro scomparve.
Quando Luciano aprì gli occhi, si ritrovò in un luogo completamente diverso. Pareti colorate e luci al neon li circondavano, decorazioni e videocamere. Davanti a lui, c’era una grande insegna luminosa con su scritto: "Benvenuti all'Ordinary Game Show!"
Accanto a lui, il Tenente Finasoni aveva la stessa espressione perplessa e allarmata.
"Dove diavolo siamo?" sussurrò Luciano.
Le luci si accesero improvvisamente, illuminando un vasto spazio che somigliava a uno studio televisivo. Un annunciatore, in giacca grigia e con un televisore al posto della testa, si avvicinò a loro con un microfono in mano.
"Benvenuti, agenti della Fondazione SCP! Siete stati scelti come partecipanti speciali per il grande Ordinary Game Show! In quanto membri del Team Skip, dovrete affrontare prove di ogni tipo per vincere!"
Il Tenente Finasoni, ancora confuso, si voltò verso Luciano. "Che significa? È una specie di esperimento della Fondazione?"
Ma Luciano capì rapidamente che non era così. Il protocollo della Fondazione non prevedeva nulla del genere, e l'entità davanti a loro non aveva nulla a che fare con le tecnologie della Fondazione.
L'annunciatore continuò, con una voce entusiasta. "Le regole sono semplici: superate tutte le prove, e otterrete la libertà. Fallite… e perderete tutto."
Un brusio di applausi artificiali risuonò da qualche parte intorno a loro, come se un pubblico invisibile stesse applaudendo. Luciano scambiò uno sguardo preoccupato con Finasoni.